Il cantautore Leonard Cohen in un concerto a Firenze nel 2010
Il cantautore Leonard Cohen in un concerto a Firenze nel 2010

L’eredità di LEONARD COHEN: si può essere anarchici anche in giacca e cravatta

A Westmount, in Canada, nel 1934 nasceva Leonard Cohen. Artista delle parole, è stato cantautore, scrittore e poeta. Se non avesse salutato questo mondo il 7 novembre 2016, oggi avrebbe compiuto 86 anni. L’autore di “Hey, That’s No Way to Say Goodbye” è un vero e proprio idolo in Europa. Basti pensare che in Polonia vende più dischi di Michael Jackson e a Cracovia si tiene ogni anno un festival in suo onore.

Non fu un artista dalla composizione rapida. Si prese tempo per la scelta certosina delle parole dei suoi romanzi, come anche per la composizione delle liriche delle sue canzoni.

«Di solito tendo alla tristezza. Per alcune canzoni ho impiegato diversi anni. Nessuna di essa è stata un parto facile, dopo tutto questo è il nostro lavoro. Tutto il resto va spesso in malora, in bancarotta totale, e così quel che rimane è il lavoro, ed è quello che faccio per tutto il tempo, lavorare, creare l’opus della mia vita. Il nostro lavoro è l’unico territorio che possiamo governare e rendere chiaro. Tutte le altre cose rimangono confuse e misteriose»

Prima di incontrare John Hammond, che l’avrebbe reso celebre nel mondo della musica, Leonard Cohen era già un poeta di successo

“Let Us Compare Mythologies” e “The Spice Box of Earth” sono i titoli di due raccolte di poesie antecedenti al 1968, l’anno della consacrazione al tempio della musica folk. Tra il 1961 e il 1968 fece anche in tempo a scrivere due romanzi, che vendettero discretamente. “The Favorite Game” e “Beautiful Losers”, editi entro il 1966, nacquero in Grecia. La loro scrittura non sarebbe stata possibile senza il supporto di Marianne Jenson e suo figlio, Axel:

«Per scrivere libri hai bisogno di un posto dove stare. Quando uno scrittore lavora a un romanzo, tende a circondarsi di determinate cose. Ha bisogno di una donna. Ed è bello anche avere dei bambini fra i piedi, poiché cibo non manca»

Quando si avvicinò la rivoluzione culturale, uno spirito sensibile come quello di Leonard Cohen non poteva rimanere indifferente:

«Siccome io queste cose le avevo già [una compagna e un bambino, ndr], ho deciso di diventare ‘songwriter’».

Ma la grandezza del cantautore canadese fu nella calma compostezza con cui sembrava riuscisse a presentire il tradimento della rivoluzione culturale che sarebbe dilagata negli anni ‘70. A questo si deve il suo modo assolutamente inedito di vivere il folk, quasi rifuggendo il desiderio di scandalo a tutti i costi che il rock e il punk portavano con sé. Pur essendo un acuto osservatore della società, rivolge il microscopio nell’immensa complessità del mondo interiore dell’individuo.

Con la sua musica, Leonard Cohen ha fatto riconciliare l’Uomo con la moltitudine che ha in sé

Con ogni probabilità, le sue origine ebraiche lo rendono culturalmente più vicino all’Europa che non al Nuovo Mondo. Per questo la spiritualità che pervade le sue liriche riesce a essere più umana e meno intransigente. Sono in pochi ad aver saputo resistere alla struggente musica di Leonard Cohen, in particolare dalla storia di “Suzanne”. Nick Cave e Fabrizio De Andrè sopra tutti.

Ma il cantautore di Westmount è penetrato anche nel mondo del rock: basti pensare al tributo a “Sisters of Mercy” della band omonima.

Non si contano le cover di “Hallelujah”, probabilmente la canzone con cui è passato alla storia.In pochi riescono a essere sfacciatamente anarchici in giacca e cravatta come Leonard Cohen.

 

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