Ancora inebriati dalle feste, ci concediamo un giorno in più di celebrazioni con la tradizionale lista di must-see teatrali che la 41° edizione del premio Ubu ci ha donato. Questa volta più lunga del solito, per i diversi premi ex-aequo attribuiti dai 64 critici. Come da tradizione, la kermesse si è tenuta a Milano, al Piccolo Teatro Studio Melato, diretta da Graziano Graziani e Federica Fracassi.
È stato premiato spettacolo dell’anno “Overload”, concept e regia dei fiorentini Sotterraneo. Una scelta che sembra abbia premiato l’inclinazione cosmopolita di uno spettacolo incentrato sulla figura di David Foster Wallace, portato nei teatri con la meritoria iniziativa dei soprattitoli in inglese. Non si tratta tuttavia di un lavoro biografico, ma di una ricerca profonda della dinamica di crisi che innescò il suicidio del romanziere. La depressione è colta a cifra della difficoltà dell’individuo nell’affrontare il mondo col suo sovraccarico – un overload, appunto – di impulsi. Il pregio principale di “Overload” è di portare questa puntuale disamina nel linguaggio stesso dello spettacolo. La compattezza narrativa intorno al flusso coscienziale del protagonista è interrotta da atti fra il teppistico e il dada, coordinati tra il pubblico e gli altri attori in scena. Il tutto ribaltato da un inatteso finale metateatrale che potenzia l’opera in un caleidoscopico allineamento di significati.
Come da tradizione, la kermesse si è tenuta a Milano, al Piccolo Teatro Studio Melato, diretta da Graziano Graziani e Federica Fracassi.
Miglior regista dell’anno è stato Mimmo Borelli, per la sua direzione del personalissimo spettacolo “La Cupa”. Della «Fabbula di un omo che divinne un albero»,come recita il sottotitolo, basterebbe annoverare l’impressione dell’insigne Franco Cordelli, per cui “La Cupa” ha la dignità dei maggiori capolavori del teatro partenopeo. Ma se per le intronizzazioni c’è sempre tempo, noi ci limitiamo a dire che il cimento registico, drammaturgico e interpretativo dell’artista di Torregaveta meritava un riconoscimento unico come l’Ubu. Nominato come spettacolo dell’anno, non avremmo storto il naso a vederlo pluripremiato. E si è portato a casa anche il premio per il miglior testo o scrittura drammaturgia. La sua costruzione è titanica sotto ogni aspetto, un corpo unico di parola, musica, luce, corpo. Intesa a narrare il dramma di un padre che abbandona figli e moglie in un cataclisma, secondo l’asse narrativo portante della tragedia classica, ma quanto mai attuale.
MIGLIORI ATTORI
Nella categoria maschile, sono stati premiati ex-aequo Gianfranco Berardi (“Amleto take Away”) e Lino Guanciale (“La classe operaia va in Paradiso”). Interpreti dai tratti diversissimi, per lo meno impegnati in due spettacoli che li hanno messi a confronto con drammaturgie e costruzioni sceniche per certi versi opposte. Gianfranco Berardi, che è anche autore del testo, dipinge un mondo interiore, onirico, segreto, dove l’ironia tesse una trama di allusioni e delicatezze. Lino Guanciale lavora su un registro iperrealista, evocando i dispositivi cinematografici da cui il soggetto proviene. Continuiamo citando i due migliori performer della categoria under 35, Marco D’Agostin e Piergiuseppe Di Tanno. Entrambi impegnati in poetiche e personali capovolte all’indietro e all’insù nella dimensione sacrale dell’essere attore, sempre attraverso l’uso coinvolgente e seducente del corpo come soggetto della scena.
Miglior attrice Ermanna Montanari del Teatro delle Albe, per “Va’ pensiero” e “Fedeli d’amore”. Non solo bravissima su ogni palcoscenico, Ermanna Montanari incarna il senso civile dell’essere attore, attraverso una lettura sempre attenta e originale di impianti teatrali e letterari del nostro passato, come appunto l’opera verdiana da cui l’ultimo lavoro con la compagnia ravennate. Miglior attrice e performer under 35 è Chiara Bersani, che ci ha incantati con “Gentle Unicorn”. Non possiamo non citare un altro ex-aequo, quello per la miglior curatela, andato a Francesca Corona di Short Theatre e Daniele Del Pozzo di Gender Bender. Due festival d’importanza capitale, poiché in grado di svecchiare le formule convenzionali di fruizione, unendo pubblico e addetti in agoni ricche di energie giovani, popolari e trasformative.
Vorremo dedicare qualche parola ad ognuno degli artisti premiati, ma la qualità e il merito di ciascuno ci richiederebbero di aprire infinite parentesi e riflessioni, per cui ci limitiamo ad elencare la compagine dei restanti vincitori.
ALTRI PREMI
Migliore spettacolo di danza: “Euforia”, ideazione e regia di Silvia Rampelli, produzione Habillé d’eau
Miglior allestimento scenico: Marco Rossi e Gianluca Sbicca per “Freud o l’interpretazione dei sogni”
Miglior progetto sonoro o musiche originali: Andrea Salvadori per “Beatitudo”
Migliore nuovo testo straniero o scrittura drammaturgica: “Afghanistan: Enduring Freedom” di Richard Bean, Ben Ockrent, Simon Stephens, Colin Teevan, Naomi Wallace
Premio alla carriera: Enzo Moscato
Miglior spettacolo straniero presentato in Italia: “Nachalass” di Rimini Protokoll
PREMI SPECIALI
Aldes (associazione di artisti e operatori culturali per la ricerca in campo coreografico), Andrea Cosentino, La possibilità della gioia. Pippo Delbono di Gianni Manzella (ed. Clichy, Firenze), Teatro dell’Acquario – centro RAT di Cosenza, Antonio Viganò e Accademia Arte della diversità
Premio Franco Quadri: Bouchra Ouizguen
Troviamo importante terminare il resoconto della 41° edizione del Premio Ubu riportando le parole di Chiara Bersani, un manifesto da sottoscrivere per far sì che eventi di prestigio come questo non restino lettera morta, ma producano quegli smottamenti politici, artistici e culturali di cui il teatro è da sempre miracoloso vettore.
«I premi servono ad aprire questioni e io vorrei che si iniziasse a riflettere in maniera più strutturata sull’importanza di rendere veramente accessibile la formazione per attori e performer anche a corpi non conformi. Vorrei che sempre più autori, curatori, registi e coreografi iniziassero a vedere nella variabilità della forma un potenziale e non solamente un rischio. Vorrei che si uscisse dal pensiero narrativo – naturalistico per cui uno spettacolo contenente un attore appartenente a una qualsiasi minoranza debba necessariamente affrontare tematiche relative ad essa. Oggi desidero leggere questo premio come un’assunzione di responsabilità da parte del teatro italiano nei confronti di tutti quei corpi che per forma, identità, appartenenza, età, provenienza, genere faticano a trovare uno spazio in cui far esplodere le loro voci».