Benché il “Work in Progress” si tenne nei teatri, “Banana Republic” è noto anche per aver dato pregio agli stadi circa la possibilità di ospitare mega concerti. Sì, perché prima di Vasco Rossi, Luciano Ligabue, i vari Negramaro e Laura Pausini, furono proprio Lucio Dalla e Francesco De Gregori a riempire gli stadi italiani. Diversi incidenti, precedenti al ’79 avevano fatto sì che fosse proibita l’esibizione presso i campi sportivi nazionali. Tra gli spiacevoli eventi, uno colpì Francesco De Gregori. Pare che negli anni ’70 la Sinistra Extraparlamentare – quelli di “Autonomia Operaia” – ce l’avesse col cantautore, accusato di condurre una vita troppo agiata e di ricevere cachet troppo alti per la sua identità di “compagno” e poeta rivoluzionario. Soprattutto, di non devolvere nulla dei suoi guadagni per aiutare il movimento operaio.
Prima di Vasco Rossi, Luciano Ligabue, i vari Negramaro e Laura Pausini, furono Lucio Dalla e Francesco De Gregori a riempire gli stadi col loro storico “Banana Republic” che quest’anno compie 40 anni
Nella Primavera del ’76, al Palalido di Milano, Francesco De Gregori tenne due concerti che accompagnavano l’uscita del disco “Buffalo Bill”. Quello della sera passò alla storia. Tutto il concerto fu intervallato da diverse e tese pause. A luci accese, alcuni ragazzi salirono sul palco, lessero un comunicato circa l’arresto di un compagno a Pavia, insultarono il cantante. Lo contestarono e minacciarono di sfasciare tutto se neanche alla fine del concerto, fosse andato a parlare con loro. Quello che subì Francesco De Gregori fu un vero e proprio processo politico al quale si prestò, rispose. Per cui cancellò le date di quel tour e si ritirò dalle scene per circa un’anno e mezzo. Finì su tutti i giornali.
Ci volle Lucio Dalla – anch’egli vittima di una molotov durante un concerto al Castello Sforzesco di Milano – che era all’apice del successo e primo in classifica con l’omonimo album da cui uscì il singolo che innamorò l’Italia in quegli anni: “L’anno che verrà”. Nel ’78 uscì “Generale” e Francesco De Gregori, dal buio in cui si era rintanato. Suonò con Lucio Dalla in una tappa del tour. Scrissero assieme “Ma come i fanno i marinai” e forti della loro affinità, decisero di intraprendere un’avventura negli stadi. Organizzata meticolosamente assieme a uno staff di produttori, tecnici e musicisti unico all’epoca, uscì fuori “Banana Republic”. Ron in prima fila ai cori e le chitarre, quelli che diverranno poi gli Stadio a sostenere Lucio Dalla, gli inglesi Cyan dietro a Francesco De Gregori.
Quello che subì Francesco De Gregori fu un vero e proprio processo politico che lo vide ritirarsi dalle scene per circa un anno e mezzo. Era il 1976.
Sebbene Milano non venne toccata, il “Banana Republic Tour” vinse la rischiosa partita e fu un vero successo. Un tour impegnato che iniziò timidamente per finire a divenire un film-concerto che Ottavio Fabbri diresse per le sale cinematografiche. Il nome “Banana Republic” viene da una canzone di Steve Goodman che Francesco De Gregori conobbe grazie a suo fratello e che decise di tradurre. Piacque a Lucio Dalla, ma anche ad Ennio Melis, l’allora direttore della casa discografica RCA Italiana che prima dell’inizio consigliò ai due di intitolare il tour omaggiando la canzone. “Banana Republic”, un nome che non vuol dire niente e che molto ha dato alla storia della musica italiana.
Il 30 Maggio è uscito un libro per il Volo Libero che si chiama “Banana Republic 1979”. Scritto dal giornalista Ferdinando Molteni, ripercorre le tappe del tour, ne racconta la genesi, gli aneddoti e i retroscena facendo luce su un momento di grande importanza per la cultura in Italia. Oltre ai pezzi di successo dei nostri – cantati per lo più alternando le due voci e arricchendo la natura dei brani originali – fu inserita in repertorio anche “Gelato al Limon”, brano scritto dall’amico Paolo Conte. Non resta che ascoltarlo. Per la prima volta chi ne ha conoscenza adesso. Di nuovo e ancora per chi lo ha amato e lo amerà. Un disco che fu un viaggio, letteralmente. Un viaggio che portò di nuovo la musica all’interno degli stadi. Un tour, “Il Banana Republic”, a cui molti, davvero, devono tanto.