Ciao Riccardo. Chiediamo sempre agli artisti che intervistiamo di raccontarci un ricordo legato alla musica di cui nessun’altro è al corrente. Qual è il tuo?
Ricordo che da ragazzino a Portoferraio suonavo sempre in estate all’aperto, in compagnia di altri chitarristi. Rimasi molto affascinato dal modo di suonare molto personale di uno di questi. Era Cesareo di Elio e le Storie Tese.
Chitarrista e cantante, hai iniziato la tua carriera negli anni ’90. Com’è cambiato il modo di fare musica in questi anni? La tecnologia aiuta chi vuole emergere?
In quegli anni era troppo diverso da ora, e forse c’era più meritocrazia, soprattutto nei concorsi: dovevi essere davvero bravo. Anche la tecnologia aiuta. Aprire un canale su Youtube o sui vari social è alla portata di tutti, con una grande inflazione di pseudo artisti seguitissimi sul web. Adesso in studio di registrazione tutto è perfetto alla fine di un master.
Quali artisti hanno influenzato il tuo percorso?
Arrivo influenzato dal hard rock e metal di quegli anni. Direi Dokken, Europe, Toto fra tutti. E poi le chitarre perfette di Van Halen, Gary Moore, Yngwie Malmsteen, e i grandi del pop inglese, come George Michael, Elton John, Robbie Williams, e italiano, come Nek, Francesco Renga e Vasco Rossi, unico in Italia che faceva rock puro in passato.
Hai collaborato per tanti anni con lo scrittore Gianfranco Santoro, che per anni si è mosso fra teatro, prosa e promozione dell’arte a 360°. Cosa ti ha lasciato questa esperienza? Cosa vorresti dirgli, oggi che non c’è più, se ne avessi l’opportunità?
Gianfranco Santoro in 23 anni di amicizia e collaborazione artistica mi ha aiutato a crescere. Ha lasciato un grande dolore, un vuoto enorme e tanto dispiacere perché non è stato riconosciuto per quello che valeva veramente. meritava di più. Mi ha sempre spronato e incoraggiato a continuare, e questo atteggiamento era reciproco. Ci stimavamo molto, e festeggiavamo sempre con una cena i nostri piccoli successi. Agli altri fregava poco: per il mondo se fai soldi sei un grande artista. Adesso gli vorrei dire: “mi manchi, i tuoi scritti e le nostre canzoni rimarranno per sempre”.
Hai da poco ripubblicato il singolo “Spezza la mia anima”. Perché hai voluto riproporre al tuo pubblico un pezzo già presente nel tuo repertorio?
Ho voluto riproporlo in accordo con il mio discografico ed editore Alessandro Porcella, perché quando uscì nel 2011 con il mio primo EP non aveva avuto la promozione radiofonica che meritava. Poi non aveva un videoclip, e nei titoli di coda ho voluto aggiungere un ulteriore omaggio a Gianfranco Santoro.
La tua musica è ispirata al cantautorato puro, quello che non si sente più in giro. Non ci sono più artisti validi ai quali guardare, o semplicemente le meccaniche discografiche tendono a far emergere solo autori di musica leggera?
Per la discografia moderna, grandi artisti di una volta come Vasco Rossi, Lucio Dalla o Lucio Battisti, per citarne alcuni, sarebbero fuori dai giochi, visto che verrebbero scartati subito dai vari talent come Amici, X-Factor o The Voice. Ma in Italia ci sono ancora i veri cantautori. Forse non verranno mai scoperti. Adesso c’è poca originalità perché, soprattutto nel pop, è già stato scritto quasi tutto. Comunque ora sto ascoltando musica emergente di qualità. Esiste ancora. Fidatevi.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro? C’è un album nell’aria?
Voglio cominciare a suonare live con una band. Ho tanto materiale nuovo pronto da incidere. Spero di rilasciare un album, magari anche con l’edizione limitata in vinile. È il mio sogno nel cassetto.
Vuoi aggiungere qualcosa?
Ringrazio tutti quelli che hanno letto questa intervista e a presto.