La strumentazione nelle mani dei The Criminal Chaos diventa un super-potere
Anche in “Eden” la sezione ritmica dà personalità ai The Criminal Chaos, grazie alla scelta di asciugare totalmente ogni possibile riverbero del rullante. Sballottano l’ascoltatore tra cielo e terra, in una dimensione eterea che è quella onirica. Le ispirazioni sonore ricordano gli U2, ma per i ritmi viaggiano verso il numetal dei Linkin Park. Le distorsioni e gli effetti si dosano magistralmente all’uso sapiente dell’anatomia di ogni strumento imbracciato dai The Criminal Chaos. Con “Light vibration”, infine, ripuliscono ogni contaminazione ‘post’ dal rock che innerva tutta la composizione di “Surreal Reality”. L’album di debutto dei The Criminal Chaos risulta ben riuscito e ben fatto. D’altronde, la produzione porta contributi di tutto rispetto: quello di Fabrizio Grossi, Fulvio Ferrari e di Pete Doell.
Il debutto dei The Criminal Chaos è tanto esplosivo quanto riflessivo
Il quintetto suona tracce orecchiabili, che coinvolgono fin dal primo ascolto. Ma sanno benissimo quali sono i limiti da non valicare: il rinforzo di ‘violini’ in “Light Vibration” risulta totalmente inaspettato, come gli assoli di basso tra un ritornello e l’altro. Hanno un modo di scrivere che prendono il concept molto alla lontana. Niente è ciò che sembra a un primo ascolto di “Surreal Reality”. La chitarra, il basso, il synth, la batteria e, perché no, le corde vocali, nelle annose competenze dei The Criminal Chaos diventano super-poteri. La scelta di declinare il post-rock con sonorità vintage poteva essere rischiosa, soprattutto quando accompagnata a melodie cantabili fin da subito. C’è il virtuosismo a salvarli, con contrappunti temporali decisamente interessanti.