Il robottino Pixar Wall-E.
Il robottino Pixar Wall-E.

WALL-E: il capolavoro robotico di casa PIXAR arriva dopo 10 anni su NETFLIX

Dal 12 dicembre “WALL-E” è disponibile su Netflix Italia. Dopo “Alla ricerca di Nemo”, “Alla ricerca di Dory” e “Up” si tratta del quarto film Pixar a essere caricato sulla piattaforma streaming, che negli ultimi tempi sta puntando molto sull’animazione per arricchire il proprio catalogo. I diritti per distribuire prodotti Pixar non sono di certo a buon mercato, ma lo sforzo economico è estremamente redditizio e Netflix non può che trarre profitto da questo tipo di collaborazione. Lo studio di animazione con sede a Emeryville, infatti, si conferma di anno in anno una realtà cinematografica solidissima, che riesce a far convivere libertà creativa e successo commerciale. Un binomio sempre meno scontato, in particolare negli ultimi tempi. All’interno della filmografia Pixar, “WALL-E” è un traguardo esemplare che sintetizza i principi fondanti della sua filosofia lavorativa.

Il film narra la vicenda di un piccolo robot progettato per raccogliere e compattare rifiuti. Il pianeta terra, devastato dall’inquinamento, è stato abbandonato ormai da secoli e l’unità WALL-E è l’ultimo residuo funzionante dell’opera umana. Uno dei primi propositi della storia è rappresentare il robot come una creatura senziente, dotata di una coscienza autonoma e complessi stati emotivi. Il regista Andrew Stanton mette quindi in scena un universo paradossale, in cui le macchine sono espressive e vitali, mentre gli uomini esseri grassi totalmente atrofizzati. Il processo che sposta l’attenzione del racconto dall’essere umano a oggetti di norma inanimati non è di certo un’idea nuova in casa Pixar. Già “Toy Story” esplorava la vita segreta dei giocattoli, costruendo la sua attrattiva sulla possibilità di svelare mondi inaccessibili all’occhio pigro della quotidianità.

All’interno della filmografia Pixar, “WALL-E” è un traguardo esemplare che sintetizza i principi fondanti della sua filosofia lavorativa.

Se dunque la Disney puntava maggiormente sulle storie di uomini o di animali antropomorfi, la Pixar si è specializzata nel dare vita all’inanimato. Non a caso “WALL-E” è uno dei pochi lungometraggi animati a non rispettare lo Squash and Stretch, ovvero il primo principio dell’animazione individuato nel libro “The Illusion of Life”. Secondo questa regola, un oggetto, per sottolineare un’azione o un movimento, deve subire una compressione seguita da una dilatazione. Quando, per esempio, Mr. Incredible prende un pugno in faccia, il suo viso si deforma plasticamente sotto la pressione del colpo per poi tornare al suo stato originario. Questo non vale per WALL-E, un robot rigido capace di soli movimenti meccanici. La sfida per la Pixar era decisamente ardua: far funzionare un film con protagonisti dei robot non dotati di linguaggio verbale, con dialoghi quasi inesistenti e senza ricorrere ai cardini dell’animazione classica.

“WALL-E” è un film animato atipico. Esattamente per questo motivo risulta particolarmente visibile l’abilità tecnica e narrativa degli artisti Pixar. Tutti gli sforzi si sono concentrati sullo studio del movimento, sul design dei personaggi e sui suoni emessi dai macchinari, curati tra l’altro da Ben Burtt, ideatore della voce di R2-D2. Il binocolo di WALL-E è un accessorio estremamente semplice, ma grazie a dei piccoli spostamenti associati a un verso o ai riflessi sulle sue lenti, riesce a incarnare un’emotività tutta umana. Per arricchire la sua complessità psicologica, il regista ha reso il robot un accumulatore seriale, che nel tempo libero conserva oggetti trovati nei rifiuti. La sua baracca è un affollato reliquiario, colmo di cianfrusaglie e memorie del passato, tra cui una videocassetta del musical “Hello, Dolly”.

“WALL-E” è un film animato atipico. Esattamente per questo motivo risulta particolarmente visibile l’abilità tecnica e narrativa degli artisti Pixar.

Al senso di solitudine viene quindi associato quel tocco nostalgico tipico della Pixar, quella sensazione da giocattolo dimenticato che ogni tanto si ricorda di spolverare. Incorniciate da scenari post-apocalittici e in parte hi-tech, si affollano queste sensazioni che si alternano a momenti di comicità slapstick e riflessioni sulla deriva della tecnologia umana. “WALL-E” ha di certo fatto un uso estremamente elaborato dell’animazione 3D, riuscendo nel proposito di creare una fisicità e un linguaggio per ciò che è inanimato. Non a caso il simbolo dello studio è tratto da “Luxo Jr.” (1987), uno dei suoi primissimi cortometraggi con protagoniste due lampade Luxo che giocano con una palla colorata. Andrew Stanton e la Pixar hanno messo in piedi un’opera ambiziosa, capace di sottrarre la narrazione al dominio della parola e restituirla totalmente alla sua dimensione visiva e sonora.

 

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