Le tematiche principali di “Ucronia” sono l’estraniamento e l’alienazione dei tempi moderni, che intrappolano gli esseri umani in loop folli e li trasformano in ingranaggi di un meccanismo senza senso. L’unico modo per trascendere questa squallida realtà è rifugiarsi in un luogo fuori da Spazio e Tempo (“Ucronia”, appunto). La doppia cassa di Lorenzo Balia commenta queste umane miserie con rabbiosa coerenza, lasciando ben pochi respiri dall’inizio alla fine dell’album.
Gli Iato si presentano alle malandate orecchie dei loro fan con un vero e proprio monolito all’ira
Convince anche il gioco delle due chitarre, le cui ritmiche martellanti ricordano un Kerry King dei tempi buoni e concedono poco all’estro solistico, che avrebbe lasciato “iati” di inutile respiro. I due chitarristi sono poi anche prima e seconda voce, dimostrando anche qui un’ottima efficacia tecnica. Il cantato è un alternarsi di scream e growl che modella la violenza strumentale in un ragionare distorto e disturbante.
Le prime quattro tracce di “Ucronia” sono una completa e totale dichiarazione di odio alla quotidianità e alle persone che ci vivono dentro. “Letargico conflitto”, “Uomo-Ingranaggio” e “Soggetto Alienato” sputano sulle masse, che accettano acriticamente un mondo che le schiavizza, “immagini sbiadite della rassegnazione”. “Iato” mostra un uomo che rifiuta tutto questo e, zoppicante ma sospinto dalla rabbia, trova la forza di reagire. Ma come reagire?
Un’appassionata dichiarazione di odio alla quotidianità e alle persone che, rassegnate, ci vivono dentro
In “Ucronia”, la soluzione sembra l’isolamento, il chiudersi in un mondo fuori dal Tempo, dove tutto è Eterno. Ma il rifiuto di scendere a patti con la società genera mostri anche peggiori, venuti da dentro. “Idiosincrasia Sociopatica” e “Occhio Unico” sono gli incubi allucinatori e paranoici di una mente che per fuggire dal reale si è imprigionata in sé stessa. E alla fine l’unico vero modo di trascendere il Tempo si rivela essere la morte.
“Requiem” conclude “Ucronia” con una traccia che parte doom, avanzando lenta e malevola, per poi esplodere nella seconda parte con una poderosa cavalcata death, che si spegne nel nulla. In sostanza, gli Iato continuano a raffinare il loro violento mix di death e grindcore, e ogni fan dei due generi – ma anche del thrash – dovrebbe essere lieto di seguirli, pena la rimarginazione dei timpani.