Nonostante i cambi di formazione, ispirazioni e di esistenza, Luca Spaggiari si accompagna da sempre al batterista e polistrumentista Alberto Urbello. “Città Animale” è un disco che scorre lento e irrefrenabile come l’ acqua di un torrente. È caldo, intenso, lirico ma senza pose. Interessanti e profondamente suggestivi sono i riverberi musicali di un pop emiliano senza tempo che da Lucio Dalla a Vasco Rossi, passando per Luca Carboni strizzano l’occhio ad alcuni dei brani di “Città Animale”.
“Città Animale” fotografa le interiora di una pirateria urbana compiendo un viaggio intimista e calorifero dentro la geografia umana
Non si capisce – né si ha l’interesse di capire – se quelli di Fargas siano omaggi nascosti a una certa autenticità musicale. Certo è che Fargas, quest’autenticità, la contiene, condivide e fa brillare. La voce di Luca Spaggiari, decisamente profonda e viscerale, riesce a restituire i ritratti di quella geografia umana custodita nei volti delle persone, nelle loro storie, nelle rughe di chi le scrive. Nel calore del non-detto quotidiano, delle strade di città imperfette, culle solitarie di una diversa collettività. Penso a “Modena” oppure alla ruspante Bologna. Ma il bello vero di “Città Animale” è che pure nella familiarità dei nomi, ciò che viene in mente è il sacrosanto shakesperiano «what’s in a name? That which we call a rose, by any other name would smell as sweet». E per questo, il disco ha una valenza culturale da non sottovalutare.