Il cantautore Luca Spaggiari, anima e leader dei Fargas.
Il cantautore Luca Spaggiari, anima e leader dei Fargas.

L’intensa umanità della CITTÀ ANIMALE dipinta da FARGAS

Uscito per il mondo il 22 Novembre – via Private Stanze –  “Città Animale” è l’ultimo disco dei modenesi Fargas. Trattasi di nove brani che fotografano le interiora di quella che la mente ed il leader della band, Luca Spaggiari, ha definito come “pirateria urbana”. Nove piccoli diamanti di musica leggera contemporanea a metà tra moderno cantautorato e ispirato, suadente pop-rock. Questo, giusto per dare un’idea – quantomai vaga – in termini di identificazioni. Soprattutto se si parla di Fargas. Una band attiva dal ben lontano 2002 e che essenzialmente è divenuta pseudonimo del leader, talento di musico nostrano che seguita a portare avanti la sua raffinata ricerca.

Nonostante i cambi di formazione, ispirazioni e di esistenza, Luca Spaggiari si accompagna da sempre al batterista e polistrumentista Alberto Urbello. “Città Animale” è un disco che scorre lento e irrefrenabile come l’ acqua di un torrente. È caldo, intenso, lirico ma senza pose. Interessanti e profondamente suggestivi sono i riverberi musicali di un pop emiliano senza tempo che da Lucio Dalla a Vasco Rossi, passando per Luca Carboni strizzano l’occhio ad alcuni dei brani di “Città Animale”.

“Città Animale” fotografa le interiora di una pirateria urbana compiendo un viaggio intimista e calorifero dentro la geografia umana

Non si capisce – né si ha l’interesse di capire – se quelli di Fargas siano omaggi nascosti a una certa autenticità musicale. Certo è che Fargas, quest’autenticità, la contiene, condivide e fa brillare. La voce di Luca Spaggiari, decisamente profonda e viscerale, riesce a restituire i ritratti di quella geografia umana custodita nei volti delle persone, nelle loro storie, nelle rughe di chi le scrive. Nel calore del non-detto quotidiano, delle strade di città imperfette, culle solitarie di una diversa collettività. Penso a “Modena” oppure alla ruspante Bologna. Ma il bello vero di “Città Animale” è che pure nella familiarità dei nomi, ciò che viene in mente è il sacrosanto shakesperiano «what’s in a name? That which we call a rose, by any other name would smell as sweet». E per questo, il disco ha una valenza culturale da non sottovalutare.

 

 

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