Questo fine settimana si chiude il Roma Fringe Festival a cui hanno partecipato tante compagnie teatrali indipendenti. Ormai siamo tutti curiosi di sapere chi arriverà in finale. In attesa della serata di lunedì 28 gennaio al Teatro Vascello, ci sono ancora sei spettacoli in programmazione. Direttamente dal palco A, abbiamo visto “Bar Moments”, “Ecco la Commedia dell’Arte!” e “Ladro di saponette”.
BAR MOMENTS
L’ambientazione è quella delle stigmatizzate chiacchiere da bar. Luoghi comuni, egoismo e ipocrisia sono il facile punto d’aggancio per riflettere su quanto il tornaconto individuale sia la prima spinta socializzante. Altro che Bene Comune e disinteressato! Un bancone, due tavoli, tre sedie, una radio accesa. Il gusto rétro per l’arredamento suggerisce gli anni dell’ambientazione. E poi le maschere, dietro cui si nascondo i tipi: la proprietaria del bar, sua figlia, una zingara cartomante, un giovane furbetto, una donna avvenente, una suora intransigente e un camerata. Eppure sono quattro gli attori di “Bar moments”. Espertissimi nell’arte del camuffamento, che passa attraverso una ricollocazione del baricentro per la costruzione di posture che parlano per i personaggi. L’Italia rurale degli anni ’40 fornisce materiale già pronto per la semplicità dei caratteri sociali, che Teatro Umano ripropone senza quella ricerca che gli avrebbe consentito di rendere “Bar Moments” un alto momento di mimo.
ECCO LA COMMEDIA DELL’ARTE!
I vari quadri con cui Luoghi dell’Arte ci propone dei canovacci tipici della Commedia all’italiana sono contenuti in una cornice. La cornice esplicativa ed esegetica al contempo in cui sono inserite le vignette è intenzionalmente sfumata. “Ecco la Commedia dell’Arte!” vuol far perdere allo spettatore i confini dello spettacolo. Se da un lato le spiegazioni del Dottore sono esaurienti per contestualizzare le maschere, dall’altro la performance di Luoghi dell’arte suscita più tenerezza che simpatia. Dotati di autoironia e sangue freddo, gli attori non si scoraggiano di fronte alla fuga del pubblico visibilmente annoiato e stizzito, e tirano dritto fino alla conclusione. Fortunatamente Luoghi dell’arte trova un validi alleati nei più piccoli, che interagiscono divertiti con le maschere. Chissà che non fosse proprio quello lo spirito con cui fruire di “Ecco la Commedia dell’Arte!”.
LADRO DI SAPONETTE
Si sceglie una postura recitativa altamente cinematografica, che si sposa bene con un genere che siamo più abituati a vedere proiettato sul grande schermo, non creando alcun effetto estraniante da questo punto di vista. L’esperienza suggerisce a Schegge di Cotone di servirsi di amplificazione. Per questo riescono dove in molti falliscono: mantenere i toni intimi del cinema – ulteriormente amplificati dal corpo parlante degli attori – senza ostacolare la fruizione che spesso rischia di perdersi dietro colonne sonore. È Marco ad aprire la narrazione attraverso flussi di coscienza e di ricordi del rapporto con la sua compagna Clara, ed è ancora Marco il perno su cui si costruisce “Ladro di saponette”, un giallo disseminato di indizi sulla risoluzione dell’enigma. Il rovesciamento dialettico sul finale riesce a sorprendere abbastanza. Tuttavia, lascia la sensazione di essere stati imbrogliati: occorre ritornare troppe volte tra le pieghe del copione per chiarire il senso dell’intreccio.
Per fare teatro occorre avere l’entusiasmo della menzogna.
Jules Renard
Non è mai vero ciò che accade sul palcoscenico.
È sempre vero quello che accade sul palcoscenico.
A ragione questa potrebbe essere l’antinomia su cui si fonda e si annulla al contempo l’essenza della rappresentazione teatrale. Una menzogna che si traveste di verità e una realtà che gioca il ruolo della fantasia. Non c’è contraddizione che sta più in piedi di questa.