È proprio la scenografia a dare il via allo spettacolo, animandosi insieme alla musica in una danza di colori e una passerella di quadri: un primo assaggio della collezione Guggenheim, che prepara l’entrata di Caterina Casini. Arriva come un tornado, con i capelli scompigliati e a piedi nudi. I suoi movimenti rivelano un poco dell’essenza di questa donna ribelle e bohémien: un dinamismo frenetico che l’ha portata in giro per il mondo, alternato alla raffinata eleganza con cui si siede sul trono o si sdraia in terra insieme a un martini dry.
Rivolgendosi alle quinte, Caterina Casini ci fa viaggiare fino a Parigi, dalla figlia Pegeen. E poi in America dallo zio Solomon e alla sua Fondazione che sembra un garage, con tutte quelle rampe. “Woman Before a Glass” instaura un dialogo-confessione in cui Peggy rivive alcuni momenti della sua incredibile vita. Grazie al videomapping anche il trono si arricchisce di fregi decorativi, e lei vi si siede sopra, radicata come una regina. Ormai avanti con gli anni, dal suo palazzo Vernier dei Leoni, Peggy scopre una dimensione fuori dal tempo e osserva un passato che si popola di arte, di amori e compagni.
“Woman before a glass” si esprime in un linguaggio diretto e incisivo, che rispecchia la personalità forte della protagonista.
Troppi per nominarli tutti, è stata moglie di Ernst, amante di Beckett, mecenate di Cocteau e Kandinsky. Le sue amicizie sono quasi un intero libro di storia dell’arte del Novecento. Tra queste figure quella che brilla di più è la figlia Pegeen, che dipinge quadri innocenti, simili ai disegni dei bambini. Non hanno posto tra le proiezioni, ma li racconta la madre con voce dolce. Il trono è anche un televisore della memoria, proietta ricordi in bianco e nero di viaggi e incontri, mentre i lunghi teli accompagnano con i loro Kandinsky e Mondrian. Peggy Guggenheim era una collezionista in tutto, anche vestiti e gioielli erano delle opere scelte con cura. Ogni abito che Caterina Casini ripiega ha una sua storia.
“Woman before a glass” si esprime in un linguaggio diretto e incisivo, che rispecchia la personalità forte della protagonista riuscendo al tempo stesso ad essere immaginifico e poetico. Caterina Casini parla con semplicità, il microfono le permette un tono intimo che ci fa sentire ospiti in casa sua, testimoni dei piccoli frammenti di vita messi in scena. Il videomapping ha la funzione di un bordone, che insieme alla tonalità blu della luce crea il panorama veneziano e mostra lo specchio titolo della pièce: l’acqua della laguna. Al tempo stesso le proiezioni sono l’amplificatore emotivo di Peggy, e di tanto in tanto agitano all’impazzata i suoi quadri o esplodono in forti monocromi rossi.
In quattro quadri, “Woman before a glass” dipinge la sua storia per immagini ed episodi.
In quattro quadri, “Woman before a glass” dipinge la sua storia per immagini ed episodi. Cardine è quello in cui Peggy ha come compagno di scena uno di quei telefoni con il filo molto lungo. Vediamo la donna d’affari che si ingegna per trovare un futuro alla sua collezione e allo stesso tempo la carismatica seduttrice. Ma il telefono si fa anche messaggero della morte di Pegeen. È l’unico momento in cui l’autore sceglie di togliere a Peggy le parole, perché le urla di un tale dolore si possono ascoltare solo con la pancia.
Buio. Ultimo quadro. Parlare di Venezia è impossibile senza parlare delle gondole. Peggy su una gondola ci ha fatto l’amore, e ora ci guarda da una laguna increspata di piccole onde e con dei buffi occhiali da sole, e le sue ultime parole diventano quasi poesia, si sente la voce che va a capo insieme ai versi. Caterina Casini si perde nel buio galleggiando sull’acqua come la città dove ha scelto di vivere e che ancora oggi ospita i suoi quadri.
WOMAN BEFORE A GLASS – progetto Intorno a Peggy Guggenheim
Woman before a glass attraverso un linguaggio disinvolto e trasgressivo (così com’era la stessa Peggy), racconta alcuni momenti degli ultimi anni della Guggenheim. Si tratta di una performance per un sola attrice, divisa in quattro quadri.