Bruno Dorella, Nicola Manzan, Roberto Villa e Alessandro Vagnoni sono i Ronin.
Bruno Dorella, Nicola Manzan, Roberto Villa e Alessandro Vagnoni sono i Ronin.

BRUTO MINORE urla contro il cielo nell’ultimo album dei RONIN

Ronin è un progetto di musica sperimentale fondato e coltivato da Bruno Dorella, veterano della scena musicale underground italiana. Fondati nel 1999, con all’attivo cinque album in studio e numerosi EP, i Ronin hanno prodotto le colonne sonore di diversi film (“Vogliamo anche le Rose” di Alina Marazzi, “Match” di Stephen Belber, e altri) e album prettamente strumentali. La loro ultima fatica, venuta dopo uno iato di due anni, non fa eccezione. “Bruto Minore” è un album prog rock dal tono multiforme, in cui il filo conduttore sembra essere la riflessione notturna dell’immortale sconfitto dell’ era repubblicana. Figura ambivalente, considerata negativa per secoli, (ma d’altronde la storia la scrisse il vincitore, imperatore e figlio adottivo di Cesare) per poi essere recuperata solo nel Settecento.

Il tono multiforme di “Bruto Minore” è evocativo ed efficace

Da malvagio attentatore a estremo difensore della libertà, il passo non fu breve, ma il tragico eroismo del personaggio colpì lo stesso Giacomo Leopardi, che gli dedicò uno dei suoi Canti, a mio modesto avviso uno dei più grandi e universali. Proprio da questa opera prende le mosse la traccia che taglia in due l’album. L’ incedere epico di “Bruto Minore” possiede una scintilla di quel sound sublime e crepuscolare che rese famosa “Orion” dei Metallica. Ma l’album non si regge solo sulla luce riflessa di questa gemma. Si tratta in realtà di un lavoro che varia le suggestioni di canzone in canzone. “Oregon” è una canzone che, nonostante la tonalità (come l’album, “minore”) riesce a trasmettere la solarità di un viaggio in terra straniera.

Un album vario, che sa mostrare emozioni e visioni senza usare parole

La lenta e militaresca “Ambush” ha quasi un tono western. Sembra raccontare un appostamento di soldati nella frontiera americana, fatto di attesa che si fa insostenibile (complice il tocco leggero della batteria). La cover di “Tuvan Internationale” degli Huun-Huur-Tu, inno dei comunisti Tuvan, il cui suono sciamanico riecheggia alla fine di “Bruto Minore”, è il preludio alla canzone finale, “Bryson”, che ritorna sulle sonorità “minori” e notturne della title track. Per concludere, “Bruto Minore” è un album vario, pensato in modo intelligente ed evocativo, che sa comunicare emozioni e visioni senza parlare. Lo consiglio particolarmente a chi ama gli album di colonne sonore, gli album progressive rock, o semplicemente i lavori ben fatti.

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