Ho salutato la scorsa stagione teatrale sottolineando quanto mi sarebbe mancato arrivare in via Jacopa de’ Settesoli e godermi l’ambiente ormai familiare di Teatro Trastevere. Ho fatto il conto alla rovescia fino alla scorsa settimana, quando il nuovo cartellone ha esordito con “Anticotestamento”. La nuova locandina appesa sulle porte del teatro è stata quella di “Donne al Parlamento”, che avrebbe dovuto far virare i toni verso quelli della commedia. E si è rivelata solo fonte di malumore. Fortunatamente due nuovi format hanno salvato la mia domenica trasteverina: il primo appuntamento on the road con Fritto Mistico e il primo “Sandei” con gli Appiccicaticci.
FRITTO MISTICO
Quando intuisco di avere di fronte una performance che potrebbe diventare interattiva, il mio primo pensiero è sempre: “Scappa! O fingiti morto. Ma trova una via di fuga. Ora!”. Vorrei dirvi che mi piace subire il teatro in maniera passiva, tra il pubblico. Ma sappiamo bene che il ruolo dello spettatore, per sua natura, non può né deve essere passivo. Semplicemente non ho mai la risposta pronta, non so parlare in pubblico senza un copione e vivo gli scambi con attori professionisti come battaglie non alla pari. Quando ho visto Frate Jacopa impastare il pane su un banchetto fuori da Teatro Trastevere il panico ha preso il sopravvento. “E se adesso mi guarda, che faccio?”. Neanche il tempo di pensarlo che i nostri sguardi si sono incrociati. Ma è stato colpo di fulmine.
Ma andiamo con ordine. Fritto Mistico è la straordinaria creatura di Alessandra Caputo e Francesca Romana Nascè. Il progetto ruota attorno all’indagine sul sacro e sul femminile, alla ricerca di figure e storie illuminate di spiritualità laica. E proprio nel laikos trova il completamento della sua missione. Da un lato Fritto Mistico è fuori da ogni contesto socialmente strutturato. Dall’altro brilla per la sua capacità di parlare alla gente, di essere gente. Di essere umano. E umanità è la parola che meglio si presta a definire l’approccio delle due artiste. Parleremo ancora di Fritto Mistico su queste pagine, per ora non voglio svelarvi di più. Spero di avervi stuzzicato, perché “La Mensa di Jacopa de’ Sottesoli” riapre domenica 11 novembre alle 16:30. Posso solo consigliarvi di esserci. E viverla nella sua commovente e umana intensità.
DONNE AL PARLAMENTO
Suggerisco un cambio di titolo facile e veloce al regista De Liberato, che si presta a eventuali repliche del prossimo periodo: “Natale in Parlamento”. Quest’orribile messinscena vorrebbe attualizzare Aristofane, finendo per fare il verso alla comicità dei Vanzina e Neri Parenti. Partendo da battute trite e ritrite sulle differenze fra sessi, adatte forse al pubblico di “Zelig” dei primi anni 2000, la commedia inizia una scalata di becero sessismo e violenza rappresentati senza gusto né occhio critico. Con la volgarità come unico filo rosso, il testo ha annullato le ottime prove attoriali e canore della compagnia Di Necessità Virtù. Non vorrei essere nei panni degli insegnanti che hanno accompagnato i loro studenti a teatro. Sarà difficile spiegargli che non c’è niente da ridere quando una donna dice a un uomo “mename” chiamando un’altra “puttanazza”. Qua la recensione completa di Emanuela Colatosti.
SANDEI
Grazie a Zeus sono arrivati gli Appiccicaticci a risollevarmi il morale. Il format “Sandei” si divide in due parti: “Luigi” e “Marzullo”. Potrei chiudere qua questa brevissima recensione con la certezza di avervi già convinto a prenotare i posti per il prossimo appuntamento del 18 novembre. E invece voglio spendere alcune parole sugli spettacoli di improvvisazione di ieri. Con il primo una mongolfiera ha scatenato un’ora di risate grazie al padrone di casa Tiziano Storti, al Maestro Alessio Granato e al “Luigi” della serata Emanuele Ceripa, che ci hanno raccontato l’improbabile origine di un villain che voleva solo fare il sassista e della sua spalla, lo spietato Sbrodolino.
“Marzullo” invece ci ha regalato ben quattro storie, che hanno preso vita da alcuni oggetti portati dal pubblico. Potrei raccontarvi di un giallo verde Tampax, di una travagliata passione con un’upupa e un debito da estinguere, una maschera dotata di strani poteri azerbaigiani e del campionato di basket per microsomici finito in tragedia. Ma l’attimo è passato, e posso solo giurarvi di aver riso come raramente capita a teatro, grazie alla bravura degli Appiccicaticci e dei loro ospiti, e grazie all’efficacia di un format tanto semplice quanto divertente.
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