Diamo il benvenuto su Music.it a Igorrr. Per iniziare raccontaci di un avvenimento divertente o imbarazzante che ti è successo in studio o su un palco.
Durante il tour sono accadute diverse cose divertenti, ne ho una in mente in questo momento, ma non è stato affatto divertente quando è successo, anche se oggi ci facciamo delle gran risate ripensandoci! Durante il nostro primo tour americano, eravamo a Filadelfia, nel nord-est dell’America, era febbraio e faceva terribilmente freddo in quel periodo, arrivammo nel club e ci dirigemmo verso il backstage. Notammo, con grande sorpresa che il backstage aveva dei termosifoni ma erano tutti spenti, i promoters non volevano accenderli per motivi economici.
È sempre bello sentirsi ospitati.
Sai essendo una band alternativa, non abbiamo lo stesso confort di Madonna o dei Metallica; comunque faceva veramente freddo lì dentro e dovemmo sistemare le nostre cose per il palco, cambiarci di abito e tutto il resto. Ad un certo punto notammo che accanto al nostro club c’era un edificio con degli appartamenti e un tubo dell’acqua calda che attraversava tutto il primo piano. In pratica scappammo dal club e, nell’attesa di salire sul palco, ci sedemmo su quel tubo caldo che passava sul pavimento.
Questa si chiama sopravvivenza!
Un’altra storia divertente è successa durante il primo tour europeo di “Savage Sinusoid”. Abbiamo fatto 4 concerti uno dietro l’altro e tutti dislocati fra loro. Fondamentalmente abbiamo fatto Hannover in Germania, il giorno dopo Atene, in Grecia, poi Sofia, in Bulgaria e Anversa, in Belgio. Erano concerti che si svolgevano in tarda notte e avevamo i nostri voli molto presto la mattina, quindi praticamente una volta terminato lo show ci recavamo direttamente all’aeroporto. Insomma per farla breve non abbiamo dormito per 4 giorni interi.
Un vero e proprio tour de force.
Un’altra storia imbarazzante / divertente è accaduta durante il “Savage Sinusoid Tour”. L’inizio del tour è coinciso con una data a Istanbul e Tel Aviv per poi continuare a fare la nostra prima data europea a Nîmes (Francia). A Tel Aviv, i promoters ci portarono al ristorante e tutti mangiammo lo stesso piatto in un locale super figo. Ci siamo tutti ammalati piuttosto seriamente, anche l’intero team tecnico, tutti stavano malissimo, ed era solo all’inizio del nostro tour. Tornati in Europa continuammo a fare le nostre date e devo dire che è stata un’esperienza piuttosto dura poiché eravamo tutti distrutti e siamo stati malati per molti giorni dopo. Siamo comunque tutti riusciti a fare i nostri concerti e ci siamo divertiti lo stesso nonostante quelle condizioni piuttosto disagiate.
Parliamo di “Very Noise”. Come lo descriveresti? Come nasce questo brano?
“Very Noise” la descriverei come una traccia breve, divertente e groovy. Un giorno stavo suonando delle parti di batteria e facevo degli esperimenti con dei plug-in, che si stavano incasinando parecchio con delle frequenze. Lo stavo facendo più che altro per soddisfare la mia curiosità e scoprire nuovi colori e calcoli del suono, non per fare un pezzo. Quasi per errore, ho trovato questo loop di batteria, un loop che mi ha fatto ridere e che mi è rimasto in testa per giorni e settimane dopo averci lavorato. Di solito, quando hai in mente una traccia è normale ricordare la melodia della voce, a volte della chitarra, ma questa volta erano le parti della batteria che continuavo a fischiettare nella mia testa. Questo mi ha spinto a continuare a sviluppare il pezzo.
Dimmi di più.
Quello che ho fatto è stato prendere una chitarra, una Fender Jaguar per essere precisi, e ho suonato lo stesso riff della batteria, ho anche chiesto a Erlend Caspersen, il bassista, di suonare la stessa parte, ma con le dita (che è tecnicamente molto difficile su questa traccia). Quando ho ottenuto tutto il materiale, ho costruito l’intera traccia con un inizio, una parte centrale e la parte più heavy alla fine, e ho perfezionato il mix nel corso dei mesi, con delle macchine analogiche SSL ed utilizzando EQ chiari e trasparenti, aggiungendo qui e là dell’hardcore per sporcare un po’ la firma ritmica. Ed eccoci qui, “Very Noise” è la traccia risultante da pura libertà musicale e curiosità, combinata con un intenso lavoro tecnico per farla stare insieme.
Il video di “Very Noise” è pazzesco, incredibile! Come nasce questo video?
“Very Noise” non è affatto un pezzo rappresentativo dell’album, ecco perché lo abbiamo scelto come prima traccia da pubblicare assieme ad un video, per confondere ciò che le persone possono aspettarsi dall’album. L’idea del video stesso è nata dal desiderio mio e di David Nicolas, il direttore 3D di MeatDept. Volevamo davvero lavorare insieme da molto tempo e realizzare il video musicale più assurdo di sempre, e “Very Noise” si è presentato quando stava lavorando su dei bug informatici.
Allora era destino.
Stava effettivamente, in quel periodo, creando bug informatici e “3D problems” apposta per creare delle immagini. In qualche modo abbiamo notato che il groove di “Very Noise” si adattava perfettamente a quelle strane danze create da questo algoritmo veloce e casuale, apportando allo stesso tempo come dei malfunzionamenti su questa piccola creatura che vedete nel video. È stato il match perfetto, quindi siamo partiti da questo punto e tutte le altre idee di questa clip sono venute dopo.
“Very Noise” va ad anticipare l’uscita di “Spirituality and Distortion”. Come nasce questo binomio tra Spiritualità e Distorsione?
“Spiritualità” e “Distorsione” sono 2 concetti opposti, si contrappongono e si articolano a vicenda. Il contrasto è uno strumento molto utile nella musica, sottolinea il suo messaggio e lo rende più forte. Il silenzio non sarà mai così silenzioso se non lo contrapponi al rumore, e viceversa, il rumore non sarà mai così rumoroso se non lo contrapponi al silenzio. Intendo dire che condividendo il contrario del messaggio che hai in mente di condividere tendi a donare un effetto più forte al messaggio stesso.
Cosa vuole raccontare questo disco?
Il titolo dell’album riflette questa idea, “Spiritualità” e “Distorsione” sono 2 sentimenti opposti che lavorano insieme, un po’ come lo Ying e lo Yang, ma nella versione metal di esso. In questo album puoi trovare un notevole contrasto anche nel titolo di “Overweigh Poesy” o “Nervous Waltz”, quei titoli si articolano l’un l’altro e tutto ciò riflette il messaggio che davvero conta per me in Igorrr e riflette anche l’effettiva complessità della vita, poiché non accade mai nulla come previsto, c’è sempre qualcosa che si pone contro la tua volontà, o un’idea completamente opposta alla tua che ti aiuterà a capirti meglio.
In che modo la musica orientale ha influenzato la produzione del disco?
Le vibrazioni orientali e mediorientali dell’album sono una parte importante di esso e mi hanno ispirato molto. Penso che provengano da una percezione che ho di un’imminente necessità di spiritualità in questo pazzo mondo in cui viviamo.
Perché hai scelto proprio queste sonorità?
Gli strumenti orientali, come l’Oud o il Kanoun, impongono, con le loro sonorità estremamente calde, una sorta di profonda spiritualità. In questo periodo della mia esistenza, quei colori sono stati uno strumento molto utile per esprimere questa profondità e saggezza, elementi fondamentali in “Spirituality and Distortion”. Sono molto legato a tutta questa musica, è per questo motivo che abbiamo viaggiato nel deserto a Ouarzazate, in Marocco, per girare il video musicale di “Downgrade Desert”.
Come definiresti il tuo sound e perché?
Per me, la musica serve ad esprimere ciò che le parole non possono effettivamente fare, quindi il concetto di utilizzare delle parole per descrivere una musica che esiste già realmente e che esprime un milione di volte meglio questa stessa idea, è un concetto molto strano. Il modo migliore per avere un’idea del suono è ascoltarlo più che cercare di spiegarlo. Tuttavia, spiegare il mio sound e il perché lo stia facendo, penso che si riferisca a una frustrazione che ho avuto quando ero molto più giovane, cercando dappertutto il luogo dove poter ascoltare quel tipo di musica che alla fine non ho mai trovato.
Una condizione molto comune, purtroppo.
Ero piuttosto stufo e ho trovato vergognosa la musica che la TV, le radio e i media ci stavano imponendo. Non vi ritrovavo il mio modo di intendere la musica e ho sentito che qualcosa non andava. Ad un certo punto sono stato spinto a creare la mia musica, quella che per me ha un senso reale.
Cosa è cambiato nel tuo modo di fare musica da “Savage Sinusoid” a oggi? Perché?
Il processo di scrittura è stato sostanzialmente lo stesso per “Spirituality and Distorsion”, ma dopo “Savage Sinusoid”, sono stato più in grado di concentrarmi su ciò che contava di più per me e per la musica. Sono stato in grado di mettere da parte ciò che poteva essere dannoso per la parte artistica, come le questioni tecniche per esempio. Credo che le sessioni di “Spirituality and Distortion” siano state più efficaci e più focalizzate sull’arte rispetto al precedente album.
Un bel cambio di marcia.
C’è anche un altro piccolo cambiamento in “Spirituality and Distorsion” ed è che ad un certo punto, ho dovuto “vedere” / “guardare” i brani: è stato abbastanza utile avere una visione chiara di dove stavo andando. Sul nostro ultimo tourbus, durante il Savage Tour, potresti ancora trovare appunti e disegni matematici circa le tracce di “Spirituality and Distorsion”. Pensa che ho ancora in mente l’immagine di un foglio con un disegno della struttura del brano di “Downgrade Desert” su uno dei sedili. C’erano talmente tante cose da registrare e da non dimenticare che ho scritto tutto sui dei giornali a caso.
Che cosa ti serve per scrivere musica? A chi o a cosa non puoi rinunciare mentre scrivi?
Ho bisogno di un’anima in fiamme per scrivere musica, che mi dia una fonte infinita di ispirazione, e poi ho bisogno di tutti i miei strumenti musicali. La musica che faccio necessita di un’apparecchiatura audio pesante, quindi non posso rinunciare a quello purtroppo, ma a parte questo, ho bisogno di the, bevo molto the per creare la mia musica. Senza the realizzerei lo stesso della musica, ma brontolando e non è così divertente, ecco.
Ultima domanda, il classico “fatti una domanda e datti una risposta”. Cosa puoi dirci?
Me: «Desidera altro parmigiano reggiano signore?»
Me: «Certo, dell’altro parmigiano grazie!»